22-23-24 Marzo 2013 Il Cerchio della Vita.
Grazie a Conacreis e a Maylea la Gendai Reiki ha portato questo grande evento a Modena.
Questo evento ha portato a Modena grandi esponenti mondiali nell’ambito della spiritualità e degli studi sull’intenzione e il pensiero positivo\collettivo.
Se penso che stavo rischiando di non riuscire ad andarci! Invece era proprio destino mi sa!
Ho conosciuto Masaru Emoto, beh una di quelle cose che… insomma ti capitano una sola volta nella vita e ricorderai ai posteri dicendo “eh… io c’ero! E ho una foto che lo dimostra!” E altri personaggi interessanti tra scienziati americani e sciamani di diverse tradizioni ed etnie.
Ma i due personaggi che più mi hanno colpito sono stati: il Dr Maka’ala Yates, chiropratico hawaiano, che ha parlato della tradizione hawaiana e Angaangaq, grande sciamano eschimese.
Ecco credo che il suo incontro sia stato proprio quel magnete che mi ha portato a essere li quei tre giorni.
Il convegno è iniziato col suo intervento, un intervento che io ho definito esplosivo, un fuoco d’artificio, che purtroppo ha reso tutto il resto del convegno molto meno interessante. Ma forse anche questo è stato un segno del fatto che quello era ciò su cui dovevo portare la mia attenzione.
E’ stato l’unico sciamano che ha fatto una cerimonia e per altro tanto semplice quanto bella. Angaaangaq gira il mondo affermando che dobbiamo sciogliere il ghiaccio presente nei nostri cuori, perché la nostra mente è troppo lontana dal cuore, è una distanza troppo grande e andrebbe accorciata. In un certo senso dobbiamo prendere (o riprendere) coscienza del nostro cuore. Ha iniziato l’incontro con un canto tradizionale, sciamanico, un canto forte vibrante, manifestato tra i suoi grandi Qilaut strumento del cielo, due grandi tamburi che vengono usati non solo come tamburo, appunto, ma anche come cassa di risonanza per la voce. Quel canto mi ha vibrato dentro, lo sentivo forte nel cuore, come se effettivamente tentasse di sgretolare un grande iceberg. Poco dopo ci spiega quello che ha fatto e conferma le mie sensazioni e intuizioni. E infatti il nome di quel canto è “Sciogliere il ghiaccio nei cuori degli uomini”. Poi l’incontro continua con una cerimonia del fumo. Una fumigazione con la salvia sacra, credo la stessa usata dai nativi americani. Ci spiega che è una cerimonia importante, la cui funzione è quella di liberarci da tutte quelle cose negative che abbiamo accumulato attraverso i sensi: ciò che non dovevamo vedere, sentire, odorare, toccare… provare. Accende la salvia, e inizia a spargere il fumo per la sala. Usa uno strumento sciamanico e, nel fare ciò, impugna un ventaglio (non saprei come definirlo diversamente) fatto con le piume d’aquila, sembra una grande ala che fa volteggiare sopra il fumo e lo sparge sui presenti. Poi conclude purificandosi anch’esso.
Dice che la vita è una cerimonia in se stessa ed è quindi degna di essere celebrata come una cerimonia. Noi abbiamo perso le cerimonie, ormai compiamo solo dei rituali di cui non conosciamo più il senso reale. Il rito è qualcosa di “morto”, la cerimonia è vita. Il rito ha regole, la cerimonia no.
Così poi ci illustra gli strumenti che ha portato con sé e gli antichi significati e simbolismi ad essi legati. Anche se non ci sono state insegnate queste cerimonie, in un qualche modo le ho fatte mie. Finisce l’incontro con un altro canto, penso di benedizione, fatto soprattutto sulle persone della prima fila. Cosa avrei dato per essere 5 file più avanti!
E così finisce il suo intervento e io credo di tornare allo stand di Maylea pronto per le altre relazioni, ed apparentemente è così.
Solo qualche ora dopo mi sento strattonare per un braccio da una mia amica che mi chiede se conosco un ristorante per mangiare del buon pesce qui a Modena (lei è di Reggio) e mi accompagna dall’interprete di Angaangaq perché era lo sciamano ad averne bisogno.
Così con molta tranquillità parlo con l’interprete completamente ignaro di ciò che sarebbe capitato di lì a poche ore. Intanto mi frulla in testa una domanda, comincio a chiedermi se il canto di Angaangaq sia un canto nella sua lingua (e quindi traducibile) o piuttosto qualcosa di magico, non traducibile, perché non tanto una lingua umana, ma piuttosto una vibrazione. Purtroppo però quando mi decido un po’ imbarazzato a chiedere all’interprete se posso porre questa domanda allo sciamano mi risponde che non c’è problema, ma devo aspettare il giorno dopo perché ormai Angaangaq è già andato via.
La notte si sa, porta consiglio, così oltre ad avere trovato il ristorante da proporgli, mi viene in mente che forse potrei porgli anche una domanda più personale, una domanda che da tanto mi pongo e che vorrei porre proprio a uno sciamano, a un grande sciamano!
Arriva il sabato e verso l’ora di pranzo arriva il fatidico momento dell’incontro con la Grande Anima! L’interprete lo chiama e gli dice “Guarda c’è qui Valerio che vorrebbe porti due domande”. Lui mi guarda e mi sorride, stringendomi la mano. Quella stretta era così forte, che forse nella mia paranoia, l’ho sentita come una radiografia… ho proprio pensato… ecco mi sta analizzando! Alla stretta è seguito un grande abbraccio. Questo anziano signore, un poco più basso di me, antico saggio di altri mondi, mi abbraccia, lui un Grande Sciamano e io un piccolo essere sconosciuto nel mondo. Già solo quell’abbraccio è stato qualcosa di potente. Poi mi appoggia una mano su un fianco e ascolta la traduzione della mia domanda. Mi risponde avvicinandosi al mio orecchio come per sussurrarmi un segreto, qualcosa che solo io dovevo sentire… ma era in inglese e avevo dall’altro lato l’interprete che comunque ascoltava e traduceva. La cosa più ironica, e che davvero mi faceva ridere dentro, era che pur essendo negato con l’inglese io capivo tutto quello che mi sussurrava senza bisogno della traduzione… ne sono ancora stupito.
E mentre ponevo le mie domande la sua mano sul mio fianco emetteva un grande calore e io pensavo… mi sta facendo qualcosa, una guarigione, ma come mai sul fianco che cosa avrò li?! Volete sapere cosa ho chiesto e quali sono le risposte? Beh una domanda era quella relativa al canto e lui mi ha risposto (o almeno così ho capito) che quel canto viene dal cielo, non è un linguaggio udibile con le orecchie, un linguaggio per la mente, ma qualcosa di divino percepibile solo con il cuore. Beh per me questa risposta conferma ciò che a volte mi capita quando inizio a intonare dei canti con dei suoni – “parole” che non conosco e io identifico come inventati. L’altra domanda era personale, legata alla mia evoluzione diciamo e la risposta per quanto semplice direi sia stata esauriente… mi ha detto “mia nonna diceva: devi chiudere gli occhi, chiuderti all’esterno e andare all’interno, nel cuore”. Sembra banale, ma non è semplice… e poi direi che coincida con quanto ricevuto 13 anni fa in sogno. Date le risposte mi ha abbracciato di nuovo e io me ne sono andato. Ero emozionato, felice… un evento unico, forse irripetibile, mi era capitato quel giorno. Quale onore! Si, della serie ora non mi lavo le mani per un anno. Nonostante questa tranquillità e felicità ho sentito nascere dentro l’esigenza di piangere, ma non so perché: forse era uno sfogo.
Arriva la domenica e con essa la fine del convegno e gli ultimi momenti con Angaangaq.
Ho l’occasione di trovare l’interprete e chiederle se sono rimasti contenti del ristorante, mi guarda e mi ringrazia, prende Angaangaq per un braccio (stava parlando credo ai membri del suo staff) e gli dice “ E’ Valerio ti ricordi, è il ragazzo di ieri, è il ragazzo che ci ha detto del ristorante, voleva sapere se sei rimasto contento” Lui mi guarda e mi dice col suo solito tono scherzoso, tutto buonissimo mi sono abbuffato, battendosi la pancia, a me il pesce piace, non da guardare ma da mangiare! Grande sorriso, risata e poi una nuova abbracciatona. Quanto è bello abbracciarlo! Poi nel pomeriggio ho avuto il modo e il coraggio di immortalarlo assieme a Yates, si è raccomandato che con photoshop gli mettessi il rossetto alle labbra, proprio un burlone! La giornata è finita ed è arrivato il momento di salutarlo, una grande tristezza ha avvolto il mio cuore, il pensiero che se ne andasse e chissà quando lo avrei rivisto mi ha rattristato come quando parte qualcuno che ami per molto tempo e grandi distanze. Ma sono grato alla vita, a madre terra e padre cielo, agli amici che hanno permesso ciò, perché un’alchimia è avvenuta, un incontro dettato dalle stelle è avvenuto. Ora non sono più Valerio,uno sconosciuto ragazzo di Modena, una nuova forza scorre in me, una nuova consapevolezza, gioia, forse un po’ di ghiaccio s’è sciolto… e se la distanza più grande è tra la mente e il cuore, allora posso abbattere le distanze che mi separano da questo nonno maestro, ovunque esso sia.
Oggi a due giorni dal convegno mi sono accorto di un’altra cosa strana, una coincidenza forse… o forse un segno premonitore di ciò che sarebbe avvenuto. Mi sono ricordato di quando quest’estate durante una meditazione guidata per inviare luce e amore alla terra, il raggio proiettato dal cuore al pianeta, anziché ricoprirlo, per me è stato un fine filo che mi aveva ancorato proprio alla Groenlandia e io mi chiedevo perché.
Inoltre ho avuto la possibilità di scrivere all’interprete raccontandole le mie emozioni e ringraziandola ancora… mi ha dato una bellissima risposta “Secondo la mia esperienza con Angaangaq, da come l’ho visto lavorare con le persone, se lo senti così vicino, sei già in contatto con lui. Quando una persona si apre verso la sua energia, inizia una percorso. Lui non ti invaderà mai, ma ti invita a camminare con lui come sciamano.”
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