Ho deciso di scrivere questo articolo per fare luce su una tematica che spesso coglie la nostra curiosità. In internet si trovano tante informazioni, spesso discordanti e diventa difficile fare chiarezza. Ora, non ho assolutamente la presunzione di avere la verità in tasca a discapito di qualche altro collega, ma voglio farvi conoscere qual’è il pensiero proposto da Albert Rabenstein e quindi dalla formazione che ho seguito. Non vi chiedo una fede cieca, ma di sperimentare e analizzare le cose con la vostra testa, così come ho fatto io, lasciandovi guidare dal vostro buon senso e accogliendo solo ciò che vi risuona. Quindi iniziamo a chiederci: le Campane Tibetane hanno una relazione con le nostre sette note?
Le campane tibetane (sarebbe più corretto chiamarle ciotole per non confonderle con la campana rituale che accompagna il varaja, ma io mi trovo meglio così) non appartenendo alla nostra cultura musicale non sono strumenti musicali così come li intendiamo noi. Sono oggetti antichi e di un’altra cultura, oggetti che non servivano semplicemente per suonare, ma avevano un senso e un valore rituale e profano (infatti spesso erano ciotole in cui mangiare). In tibet non vi era un concetto musicale basato sulle melodie prodotte dalle nostre 7 note (che sono una convenzione occidentale) riportate su uno spartito, ma una ricerca sonora più “primitiva” ed istintiva, espressione di un atto meditativo, basata soprattutto sul concetto di armonici.
In ogni campana sono infatti presenti più suoni in relazione tra loro. Ma cosa succede se avvicino un accordatore a una campana? Ciò che posso vedere è sicuramente che la lancetta si avvicinerà alla frequenza di una determinata nota, ma non sarà stabile proprio perchè l’accordatore non percepisce un unico suono, ma più suoni assieme che lo faranno oscillare secondo un certo range. Potete quindi capire che parlare di una nota, per una campana tibetana, è qualcosa di relativo e non preciso, ma soprattutto è un metro di misura che non le appartiene culturalmente, sarebbe un po’ come voler misurare un peso in metri! Viceversa, invece, possiamo identificare secondo una nota le altrettanto famose campane di cristallo, in quanto esse riescono ad emetterte un unica frequenza sonora e l’operatore per produrre un armonia necessita di almeno due strumenti.
Ma parliamo un po’ meglio di cosa siano questi armonici.
Gli armonici sono, come dicevo prima, un insieme di suoni in relazione tra loro secondo un coefficente che viene chiamato armonico e che ha a che fare con la geometria sacra e lo stesso ordine di natura, già perchè in natura esiste un ordine dettato dall’armonia. In sostanza, in una campana troviamo un primo suono di base che viene chiamato fondamentale al quale ne seguono altri secondo queste relazioni specifiche e la cui sommatoria produce un nuovo suono totalitario.
I suoni armonici corrispondono ai possibili modi naturali di vibrazione di un corpo sonoro.
Ma ora può sorgere una seconda domanda: tutte le campane sono armoniche?
La risposta purtroppo è no. Abbiamo detto che nella campana tibetana sono presenti più suoni contemporaneamente, dalla fondamentale ai suoi armonici, ma a volte esistono due fondamentali diverse a seconda di dove viene colpita la campana. Questo “disattenzione” è dovuta al fatto che, tradizionalmente nella ritualità, venivano colpite in un unico punto e non interessava potessero produrre un suono diverso in altro punto. Allo stesso tempo deriva da un difetto di fabbricazione, in quanto spesso le campane che compriamo nascono come souvenir e non seguono tutte le fasi della lavorazione. Quando lavoriamo invece per la salute, come facciamo noi oggi, diventa importante che la campana abbia un’unica fondamentale coi suoi armonici, ovvero che questa sia riproducibile su ogni punto percosso della campana. Potremmo usare, per distinguere le due tipologie di campane, una metafora che io propongo sempre durante i miei corsi: immaginate una chitarra, che è uno strumento che bene o male, anche se non lo sappiamo suonare, conosciamo tutti. Bene, una chitarra può essere accordata, o scordata e quando la suoneremo potremmo avere un bel suono piacevole o uno che ci trasmette una sensazione sgradevole o, perlomeno, strana. Ecco con le campane avviene la stessa cosa, solo che mentre in una chitarra posso tirare le corde finchè non diventa accordata, con le campane non è possibile. Mentre vi proponevo questa metafora, tra le righe vi ho lasciato un’altra informazione importantissima: l’avete colta? Sì, era proprio quando accennavo alle diverse sensazioni che possiamo provare con uno strumento accordato o no. Il suono, infatti, trasmette informazioni! Possiamo quindi dire che una campana armonica ci trasmetterà un’informazione armonica (appunto), mentre una non armonica… beh vi lascio immaginare!
Vi è un ultima domanda a cui voglio rispondere: Le campane e i chackra… quale campana serve per lavorare sul mio chakra bloccato?
Vi sono correnti di pensiero secondo cui, una campana, in base alla sua nota, lavora su un chackra specifico, ma noi abbiamo detto che non vi è questa corrispondenza e quindi? come faccio? Albert Rabenstein, nella sua ricerca sugli armonici, ha scoperto che le loro frequenze producono ordine, informazione ben visibile nell’esperimento della ciotola piena d’acqua, in cui, suonando singolarmente i suoi armonici, le vibrazioni prodotte costituiscono forme geometriche sempre più articolate man mano che si sale di armonico.
I diversi armonici, di una campana, risuonano quindi anche coi 7 chackra (in particolare è stato possibile riscontrare la corrispondenza coi primi 5).
Per approfondire questi argomenti non ti resta che iscriverti a uno dei corsi che propongo “Il Canto dell’Universo” e ti prometto che non rimarrai delus@.
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