In questo incontro con gli acquerelli, nel progetto dei “paesaggi” abbiamo incontrato il cielo, dove la luce incontra il buio. In questa esperienza i colori erano il rosso porpora e il blu cobalto e oltremare. Questi 2 colori stanno a indicare l’incontro di due forze, due energie, la luce e il buio. Queste due forze yin e yang si incontrano quotidianamente nel cielo, anche come calore e freddo, stratificandosi e mescolandosi tra loro in correnti d’aria. L’idea era quella di utilizzare gli acquerelli in maniera delicata e sottile per rendere la leggerezza ed evanescenza del cielo… ma che dire, al momento la leggerezza non mi appartiene! Ma sto anche sperimentando e imparando a gestire questi colori così fluidi e l’espressione di una manifestazione interiore libera dagli schemi. Tant’è che, nel mio dipinto, si fa un po’ fatica a scorgere un paesaggio e forse poco un cielo. Devo ammettere però che non è neanche nella mia intenzione rappresentare qualcosa che possa sembrare verosimile, quanto dare spazio alla creatività e alle forme che possono nascere dalla stesura di questi colori. Ma allo stesso tempo l’arte parla di noi, del nostro stato d’animo, di come ci sentiamo in quel preciso momento e questo un po’ traspare, nonostante la mia ricerca un po’ forzata. Quello che si può cogliere in questo dipinto è che yin e yang, luce ed ombra paiono essere due aspetti separati tra loro. Una parte yin, fredda, che pare più rigida e schematica, decisamente densa e materica e una parte yang, calda, più leggera e libera. Probabilmente questo descrive anche delle fasi del componimento, in quanto sono partito dal blu per poi passare al porpora e cercare tra i due un punto d’incontro. In questo senso probabilmente nella prima fase stavo ancora cercando di lasciarmi andare, di prendere confidenza col mezzo e, un po’ come quando si va in palestra, riscaldarmi… poi tutto è diventato più fluido!
Osservando il disegno, nella parte buia, densa, si può scorgere un passaggio, come l’entrata di una grotta, una porta che si fa strada nella luce. Una apertura che ci porta all’idea di un passaggio da uno stato di introspezione e sofferenza a, finalmente, un cambio di stato verso il ritrovamento della luce. Questo senso viene accentuato da una figura antropomorfa che sembra voler uscire da questa oscurità.
Nel porpora si scorgono soffici nuvole cotonose che però sembrano delineare una infinità di volti, l’uno accanto all’altro… la più simpatica pare essere la sagoma di profilo di Hitchcock. Un’altra che a me colpisce molto è una sagoma che pare tenere un cuore tra le braccia. Questa forse potrebbe collegarsi all’idea espressa nel buio del ritrovare la luce.
La luce indica la presenza di un grande fervore, di tante cose da dire o manifestare, un esplosione di energie… una interiorità profonda e vivace. Questa però difficilmente riesce a mescolarsi con la parte più fredda e oscura, il punto di unione è sottile e potrebbe essere visto come “la luce che si fa strada nell’oscurità” e quindi delicatamente entra o come “l’oscurità che mangia la luce”. E chi lo sà?! Forse la verità sta nel mezzo.
Un altra cosa che posso notare è la mancanza di un punto focale, di un soggetto principale dell’opera, che fatica ad emergere tra tutte le energie che vogliono mostrarsi. Questo, però, probabilmente è dovuto anche al mio intento di non seguire un progetto se non quello di cercare di fare uscire ciò che si nasconde al di là delle forme, ciò che normalmente non è visibile all’occhio.
Atteggiamento che probabilmente mi irrigidisce su alcuni aspetti e non mi permette di essere totalmente fluido, ma è qualcosa che accetto in questo momento di esplorazione.
E’ affascinante vedere come l’arte terapia possa essere, in un primo momento, la manifestazione più o meno libera di ciò che ci portiamo dentro e poi attraverso l’osservazione e la meditazione un diario aperto sulla nostra vita, uno strumento per conoscerci meglio e ancora una volta ascoltarci… quante cose può dirci di noi!